
È morto James Lovelock. Molti ricordano lo scienziato per la sua famosa ‘ipotesi di Gaia’. È molto facile idealizzare questa figura, come in effetti è accaduto. L’operazione è stata tanto più facile quanto più l’idea cosmologica romantica che sottende la sua ipotesi ha permeato le anime belle dell’ecologia, i normies del pensiero green, ecc. Insomma, quanti la vogliono fare veramente facile.
Ad ogni modo, non c’è bisogno di criticarlo (al vetriolo) sul piano della forma; possiamo rimanere sul piano dei contenuti teorici di Lovelock, come ho fatto en passant nel mio Asimmetria: Lotta di classe alla fine di un mondo (Mimesis, 2022). Pubblico più in basso il passaggio del libro nel quale critico l’idea sottesa a qualsiasi pensiero à-la Lovelock.
Ciò che critico a Lovelock è di aver proposto l’ennesima variazione sul tema “Natura=Ente che si sa gestire da solo”. Ci sono diverse permutazioni storiche di questo topos. Lacan le criticava tutte dicendo, in un passaggio, che «la natura non si arrischia a nient’altro se non ad affermarsi come un pot-pourri di fuori-natura» (Lacan 2006, p. 10). Con questa espressione rigettava l’idea che la natura fosse come una sfera parmenidea (era Parmenide, il padre della filosofia, a dire che l’Essere è sferico), ovvero un ente conchiuso e auto-regolantesi, dove l’omeostasi regna sovrana. L’ipotesi di Gaia è invece l’ennesima versione di questo ideale omeostatico di ente che mira sempre ad una condizione di equilibrio. Lo sapete a chi piaceva tantissimo l’idea che la natura ci pensi da sola a sistemarsi? Alle aziende petrolchimiche! Come quelle che hanno finanziato le ricerche di Lovelock….
Qui di seguito l’estratto dal mio libro.
«Uno degli epigoni più recenti dell’immagine parmenidea della sfera conchiusa e auto-regolantesi è l’ipotesi di Gaia, proposta negli anni ’70 dallo scienziato James Lovelock. La sua ipotesi fu costruita sulla base di ricerche condotte per investigare l’impatto delle attività umane in termini di inquinamento. La domanda dalla quale prendevano avvio le sue ricerche era semplice: quali fattori causano l’inquinamento e il surriscaldamento? Sono essi esclusivamente umani?
Lovelock si concentrò molto sulle emissioni di dimetil solfuro da parte di organismi marini come le alghe, o su cose come la quantità di luce solare riflessa o assorbita da parte delle piante, la cosiddetta albedo. Visto che le piante modificano la loro pigmentazione in funzione di quanta luce vogliono assorbire dal sole (più chiare sono più luce respingono e viceversa), e visto che esse agiscono attivamente attraverso sostanze chimiche al mantenimento di un certo livello globale di “inquinamento”, Lovelock dedusse che il globo intero, la Terra, non è altro che un gigantesco organismo con proprietà omeostatiche e che, se l’inquinamento esiste, esso non è per forza causato esclusivamente dalle attività degli esseri umani.
Quella di Lovelock è una delle ultime versioni del mito della natura come ente che “sa quello che fa”. Non è difficile immaginare chi abbia particolarmente gradito l’ipotesi omeostatica di Lovelock: le compagnie petrolifere. Le sue ricerche, infatti, furono supportate attivamente prima dalla Royal Dutch Shell, la multinazionale del petrolio e del gas olandese e, prima ancora, altre sue ricerche furono coadiuvate dalla Dupont. La prima compagnia sovvenzionò le ricerche che portarono Lovelock alla formulazione dell’ipotesi di Gaia, mentre nel secondo caso, la Dupont reclutò Lovelock durante delle udienze congressuali come esperto per scongiurare la messa al bando dei clorofluorocarburi (Aronowsky 2021).
Nulla di meglio, per una compagnia petrolifera o chimica, di una teoria che giustifichi “scientificamente” lo scetticismo climatico. Il principio della natura Una, sferica e omeostatica è l’altra faccia della medaglia del mito economico dell’equilibrio, solo che in questo caso la si chiama “omeostasi”, la filosofia spontanea delle aziende inquinanti.»